Filippide è morto - Milano City Marathon 2008
Cinque e trenta suona la sveglia e penso a Mauro nelle sue coperte (rileggendo questa cosa anni dopo suona un molto gay!). Caffe’ e latte, quattro fette di pane e marmellata. Sette, temperatura un grado. Otto passate, siamo in Cairoli, ci cambiamo sotto un tendone che si fara’ affollatissimo con un “piacevole” effetto stalla alla canfora (l’odore degli unguenti che si mettono i fighi). Ci riscaldiamo attorno al castello con i nostri utilissimi sacchi della spazzatura.
Parto solo nel mio settore blu, non riesco a trovare Fabio, ma sono tranquillo, non c’e’ calca e posso riscaldarmi ancora bene. Lo scorso anno ero uno spettatore e ricordo bene quei momenti. Sentivo molto di piu’ la musica, tensione, emozioni eppure non ero io a correre, non avrei mai pensato minimamente di ritrovarmi li l’anno dopo a fare quello che corre.
Partenza. Riesco a passare i tappeti solo dopo un minuto e mezzo e penso sia gia’ ottimo, finalmente mi sale un po’ d’emozione. Mi sento ancora tranquillo, quasi tutti quelli intorno a me corrono sul ritmo dei 6’ al km. Cerco di solo di godermi l’atmosfera, i palchi con i gruppi, i sorrisi e i grazie a chi ti incita. Arrivo alla 10km senza quasi accorgermene e come preventivato faccio il mio primo pasto di carboidrati poco dopo il ristoro.
Passo la mezza e i peacemakers delle 4h:15’ sono davanti a me, corriamo compatti. Il gruppo mi protegge dal vento insidioso. Arrivati sul naviglio,e’ il nostro Forrest che ci racconta la storia di Abebe Bikila strappando qualche sorriso e facendoci dimenticare per un attimo la fatica. Sto bene e mi rendo conto di correre un po troppo forte ma l’idea di risparmiarmi per i tempi duri non mi convince. Sapevo che almeno al trentesimo km potevo arrivarci, l’avevo provato solo una volta.
Faccio il mio secondo pasto con i soliti 25mg di enervitene e comincio a sentire che qualcosa non va. Poco prima del venticinquesimo provo a piegare un ginocchio piu’ del solito e il mio bicipite femorale si blocca ignobilmente. Riesco a non fermarmi fino al ristoro dove le mie gambe si placano per la prima volta. Riprendo a correre ma faccio l’errore di salire su un gradino e lo stesso muscolo si blocca ancora facendomi un male cane e anche Silvia mi passa con la sua invidiabile costanza. Arrivo sofferente al trentesimo ed essere solo superato non mi fa sentire propio a mio agio. Il percorso diventa sempre piu’ sgradevole alla vista, le file di macchine e autisti della domenica incazzati pesano. Il vento e’ fastidiossimo al punto di farmi correre con le mani sulla pancia e poi i ricordi si fanno confusi con tanto di visioni mistiche e desideri di ritiro.
Non avevo mai corso 42km e non avevo mai corso per piu’ di 3h di fila. Forse valeva la pena arrivare alla fine. Ad un’anno dalla prima gara di corsa mi sembrava il giusto coronamento. Alla fine sono arrivato in 4h:53’ poco dopo il primo della categoria MM75…, per fortuna si tratta di uno sport da vecchi e avro’ il tempo di rifarmi!